La condizione del vivere

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Molto del nostro malessere oggi nasce dal fatto che viviamo, per la maggior parte del nostro tempo, in uno stato di confusione e disorientamento interiore, completamente o quasi dissociati da noi stessi e dalle parti significative di noi.

Non ci hanno insegnato, e di fatto, non esistono un’educazione, insegnanti o educatori (a parte rare eccezionalità), formati e capaci di orientarci e guidarci a fare chiarezza nel nostro sentire.

Ci sono figure come terapeuti, counselor, coach, maestri spirituali,… persone alle quali ci rivolgiamo da adulti, quando ormai molto del nostro tempo è stato caratterizzato dalla sofferenza, e questo, solo se abbiamo la fortuna di mettere in discussione il disagio in cui siamo, nel tentativo di occuparcene e magari trasformarlo, oltre che se abbiamo i mezzi per farlo…

La nostra cultura, e tutto ciò a cui veniamo formati fin da piccoli, esula da questa formazione interiore, è completamente a digiuno rispetto a un’educazione del cuore e dell’intelletto, capace di sensibilizzare e di fare leva sull’importanza del valori, dei sentimenti, della sapienza del corpo e dell’interiorità intese come bussole del nostro vivere, conoscere, scegliere.

Tutto ciò che ci viene insegnato è come maneggiare strumenti ed essere produttivi ed efficienti in una società in cui non ci riconosciamo e dalla quale non ci sentiamo sostenuti. I valori che ci vengono insegnati come fondamentali, riguardano aspetti di superficie, che non ci coinvolgono nell’intimo, ai quali non sappiamo rinunciare perché non conosciamo alternative possibili.

Insomma, sta solo a noi, a un certo punto della nostra vita, “svegliarci” da questo intorpidimento e cominciare a occuparci di noi stessi, della nostra anima, della nostra interiorità e in ultimo della nostra vita.

Come fare? quando le proposte che troviamo sono così tante da confonderci ulteriormente e quando ci manca quella stessa educazione interiore capace di orientarci a scelte allineate con consapevolezza e autenticità? (…)

Continua…

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Riflessioni sulla meditazione

Occorre conseguire una posizione stabile e comoda del corpo che non sia più fonte di disturbo per la concentrazione. Questo è possibile allenando il corpo attraverso le asana, la consapevolezza del respiro e lo yoga.

Insieme alla stabilità del corpo è necessario avere accesso ad uno stato contemplativo della mente: la capacità di restare a lungo in spazi privi di pensiero o in cui i pensieri non sono più disturbanti ma si placano sul fondo della coscienza, così come tutto il resto.

Occorre aver compreso, non razionalmente, ma attraverso una esperienza intuitiva e radicale, che i pensieri, le emozioni e tutti i fenomeni percepiti come “interni” o come “esterni” sono della stessa natura: impermanenti, inconsistenti e privi di fondamento.

Da questa base inizia la MEDITAZIONE… che fondamentalmente è un’indagine sull’esperienza umana, attraverso la consapevolezza di sé e di come l’umano si comporta profondamente, essenzialmente, nelle sue forze più profonde e radicali.

Una volta conseguita la capacità di meditare, allora inizia un percorso serio… in cui possiamo prendere coscienza della nostra RELAZIONE col mondo, con noi stessi, con l’altro da noi.

Meditando consapevolmente, con le giuste condizioni, iniziamo a riconoscere i nostri meccanismi interiori, le reazioni affettive, emotive, gli attaccamenti, le convinzioni erronee, le brame, l’avversione e le pretese su noi stessi e sul mondo… A mio parere, è solo a questo livello di pratica che stiamo cominciando a fare qualcosa di sensato e di realmente trasformativo per noi… e, solo a questo livello di consapevolezza, abbiamo qualche possibilità di far emergere e coltivare la forza della compassione.

Ma occorre “rompere” il muro della mente transitiva e accedere a dimensioni più profonde, iniziatiche…

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L’impermanenza

Finché non si comprende pienamente che l’impermanenza è la vera natura delle cose, patiremo sempre l’illusione che vi sia uno stato in cui “accasarci” e finalmente trovare pace, generando così attaccamento, avversione e pretesa. Ogni luogo, per sua natura, è semplicemente transitorio.

Questa consapevolezza tuttavia non deve portarci a vivere le cose con superficialità e un atteggiamento nichilista di fondo, per cui se tutto è transitorio, allora qualunque stato o esperienza non ha pieno valore. Occorre riscoprire la pienezza di ogni esperienza, viverne tutte le sfumature e risvegliare quel senso di stupore e gratitudine, proprio grazie alla consapevolezza dell’impermanenza. Ricordandoci che nulla è dovuto e tutto è un dono, in questo fugace passaggio che è la vita…

foto di Chaaitastic su Pexels

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Imparare a stare con sé

Sostare seduti comodamente, per un tempo prolungato, mentre il respiro diventa l’unico oggetto della nostra attenzione.
Osservando il nostro corpo e la nostra mente calmi, testimoni di pensieri, emozioni e sensazioni che ci attraversano come il passaggio delle nuvole nel cielo.

Sentire e sapere di star sentendo, di star facendo esperienza, dell’esser vivi, partecipi dell’esistenza semplicemente essendo presenti in assenza del fare.
Distinguere tra la mente che patisce e la mente che guarda il patire e commuoversi per questa incredibile possibilità.

Sperimentare un’essenza capace di elevarsi oltre la dimensione ordinaria delle forme, degli scopi e delle narrazioni, cogliendone il gioco assurdo e al contempo necessario.

Discernere che c’è un piano più sottile nell’umano in cui ogni differenza e contraddizione viene accolta, legittimata, compresa, fino a che tutto è in dialogo con tutto e non vi è più opposizione.

Sperimentare uno sguardo equanime che include in sé ogni sfumatura (di noi stessi, degli altri e del mondo) capace di elevarsi sopra la ragione e di intuire con il cuore e con le viscere che c’è una comprensione “altra”.

E infine essere grati e meravigliarsi semplicemente di poter sperimentare tutto questo, nella consapevolezza della transitorietà del tutto, poter godere di un briciolo di luce…

foto di Vlad Bagacian su Pexels

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