L’impermanenza

Finché non si comprende pienamente che l’impermanenza è la vera natura delle cose, patiremo sempre l’illusione che vi sia uno stato in cui “accasarci” e finalmente trovare pace, generando così attaccamento, avversione e pretesa. Ogni luogo, per sua natura, è semplicemente transitorio.

Questa consapevolezza tuttavia non deve portarci a vivere le cose con superficialità e un atteggiamento nichilista di fondo, per cui se tutto è transitorio, allora qualunque stato o esperienza non ha pieno valore. Occorre riscoprire la pienezza di ogni esperienza, viverne tutte le sfumature e risvegliare quel senso di stupore e gratitudine, proprio grazie alla consapevolezza dell’impermanenza. Ricordandoci che nulla è dovuto e tutto è un dono, in questo fugace passaggio che è la vita…

foto di Chaaitastic su Pexels

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Comprendere e Capire

Occorre prendere in considerazione la possibilità che esistano diversi livelli di conoscenza, di natura differente e che la conoscenza proceda per strati, più o meno profondi, a volte per salti intuitivi.
Occorre distinguere tra gli atti del capire e del conoscere: quando capisco qualcosa razionalmente trovandola sensata, e quando sperimento con tutto/a me stesso/a una comprensione profonda.

Posso capire qualcosa senza che questa abbia un effetto su di me o che mi influenzi in qualche maniera, comprendendo al contrario, vengo inevitabilmente “toccato”, perché comprendere ha a che fare col “vedere”, ovvero con il realizzare qualcosa di significativo che cambia il mio modo di vedere il mondo.
Il “capire” in questo senso si avvale dell’intelletto e della ragione e procede collegando le cause con gli effetti in maniera lineare e temporale.

Il “conoscere-comprendere” si avvale della consapevolezza, del sentire e del discernimento profondo delle cause e degli effetti in maniera circolare e atemporale. Capiamo nel tempo e con la mente, conosciamo con le viscere e nel presente. Ovviamente si tratta di semplificazioni per cercare di spiegare due processi differenti ma complessi, ma è importante provare a distinguere che siamo capaci di diverse modalità di conoscenza.

La nostra educazione e cultura enfatizza il primo modo, il capire: la scuola, l’università e in generale la cultura occidentale si fonda sul capire, sul perfezionare il calcolo attraverso la ragione e la logica, sulla prevedibilità e il tentativo di controllare e padroneggiare la tecnica, fondandosi su dinamiche di vantaggio e di profitto.

Le culture orientali come anche certi tipi di ambiti come l’arte, la poesia, la musica, la danza, il teatro e in generale la religione e la spiritualità, si fondano su forme di comprensione che includono il sentimento, l’intuizione, la contemplazione, risorse interiori che non si basano sul profitto e sul vantaggio, ma sull’etica, intesa come il riconoscimento del “bene” e del “giusto”, sulla bellezza e su una dimensione più profonda che trascende l’intelletto e si avvale di un’intelligenza corporea, del cuore e della sensibilità.

Quando meditiamo, andando a ridurre ai minimi termini la nostra esperienza di esseri umani, possiamo iniziare a sperimentare questi due piani di conoscenza e a coltivare la comprensione, risvegliando in noi un particolare “sentire” che ha a che fare con questa possibilità. In questo senso, occorre essere permeabili e determinati a “cambiare mente”, lasciando che il ragionamento faccia spazio al sentire…

Foto di Khánh Phạm: Pexels

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